L’art. 9 “Disposizioni sulle professioni regolamentate” del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (c.d. Decreto Liberalizzazioni) disponeva, tra l’altro, a) l’abrogazione della tariffa Forense (i c.d. minimi e massimi) b) che, al momento di quantificare in sentenza le spese legali di soccombenza, il Giudice avrebbe dovuto decidere in riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia; c) che, a pena di incorrere in illecito disciplinare, l’avvocato avrebbe dovuto pattuire il compenso con il proprio cliente al momento del conferimento dell’incarico professionale; d) che, sempre a pena di illecito disciplinare, l’avvocato avrebbe dovuto rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico, dovendo altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale; e) che la misura del compenso, previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, sarebbe dovuta essere adeguata all’importanza dell’opera e sarebbe stata da pattuire con l’indicazione, per le singole prestazioni, di tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi; f) che – ad eccezione degli incarichi professionali ricevuti da macroimprese – l’avvocato, ai fini della determinazione del proprio compenso al momento del conferimento dell’incarico, non avrebbe potuto adottare i parametri indicati nel Decreto da emanare a cura del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia e che l’eventuale inserimento di tale clausola sarebbe stata nulla, in quanto rientrante nella c.d. “black list” di cui all’articolo 36 del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
A voler tacere che le prescrizioni contenute alle lettere d) ed e) già costituivano per l’avvocato precisi obblighi deontologici – la cui violazione già avrebbe esposto il professionista a sanzioni disciplinari e alla condanna alla restituzione di somme ricevute in eccesso, non escluso il risarcimento dei danni – é interessante notare che, dei 1.700 emendamenti riversati nell’Aula del Senato – e tra quelli approvati – l’art. 9 del D.L. 1/2012 é stato arricchito dell’indicazione del termine di quattro mesi entro il quale il Ministro della Giustizia – di concerto con il Ministro dell’Economia – dovrà adottare il Decreto, con l’indicazione che, nel periodo transitorio, la liquidazione delle spese giudiziali da parte del Giudice e dell’Avvocato (per il secondo, sarebbe stato forse più corretto parlare di “determinazione delle spese legali”) potrà avvenire con l’adozione delle Tariffe abrogate.
Ancora in attesa del Decreto, nessuna valenza assume poi l’abrogazione (da ritenersi implicita per mancato richiamo) della prescrizione di nullità della clausola di indicizzazione del compenso dell’avvocato ai criteri in incubazione da parte del Ministero vigilante.
Vi é da dire in merito che, in data antecedente l’approvazione degli emendamenti al D.L. 1/2012, al fine di colmare il (presunto) vuoto normativo, la Giurisprudenza si era ritagliata un proprio spazio di manovra, già richiamando l’adozione dei criteri tabellari come fonte consuetudinaria, laddove (e ringrazio il Tesoriere del mio Consiglio dell’Ordine per averne diffuso notizia) il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia, per esempio, aveva elaborato due soluzioni per la determinazione degli importi da inserire nell’atto di intimazione e precetto:
– una prima “sicura”, secondo la quale, nella redazione del precetto, sarebbero state da indicare le somme capitale, interessi, competenze liquidate e successive sino alla data del 24 gennaio 2012 (data di entrata in vigore del Decreto Legge 1/2012) “oltre compensi successivi da determinarsi a norma dell’emanando Decreto Ministeriale di cui all’art.9 D.L. 1/12 ad opera del G.E. o, in difetto, da azionarsi separatamente”;
– una seconda “rischiosa” che avrebbe comportato l’indicazione secondo tariffa anche degli importi maturati dopo il 24 gennaio 2012, aggiungendo “con obbligo di restituzione, da parte del creditore procedente, dei compensi esposti ove risultassero superiori ai parametri che verranno stabiliti con il D.M. di cui all’at 9 D.L. 1/12”.
La nuova formulazione dell’art. 9 del D.L. 1/2012 sembra risolvere la problematica relativa al quantum debeatur da parte del debitore intimato e si confida che l’emanando Decreto non reintroduca – per la quantificazione dell’importo da intimare – la sanzione della nullità della clausola di indicizzazione del compenso dell’avvocato estensore ai criteri in incubazione da parte del Ministero vigilante ma ne autorizzi anzi espressamente il richiamo.

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